Marco Damilano (Roma, 1968), figlio di padre piemontese e madre irpina, allievo dello storico Pietro Scoppola, nel 1991 si laurea in storia contemporanea presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma con una tesi su televisione italiana e politica negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Ha successivamente conseguito un dottorato di ricerca in Storia dell’Italia Contemporanea presso l’Università degli Studi ‘Roma Tre’.
Ha intrapreso la professione giornalistica nel 1995 come redattore di Segno Sette, Settimanale dell’Azione Cattolica. Ha collaborato con Diario e Sette, Magazine del Corriere della Sera.
Dal 2001 è cronista politico e parlamentare de L’Espresso, di cui diventa prima vicedirettore nel 2015 e poi direttore nel 2017.
Era ospite fisso della trasmissione Gazebo, condotta da Diego Bianchi (in arte Zoro) su Rai 3 e lo è tuttora della trasmissione Propaganda Live, anch’essa di Diego Bianchi, in onda su LA7. È inoltre opinionista dei programmi politici di LA7.
E’ coautore del soggetto e della sceneggiatura del film Piovono Mucche, che racconta in chiave umoristica la vita di un gruppo di obiettori di coscienza in una comunità di disabili, insignito del Premio Salinas 1996 come miglior soggetto e migliore sceneggiatura.
Pubblicazioni
- Il Partito di Dio: la nuova galassia dei cattolici italiani (Einaudi 2006).
- Democristiani immaginari: tutto quello che c’è da sapere sulla Balena Bianca (Vallecchi 2006).
- Veltroni il piccolo principe , con Mariagrazia Gerina e Fabio Martini (Sperling e Kupfer, 2007)
- Lost in Pd (Sperling e Kupfer, 2009)
- Eutanasia di un potere. Storia politica d’Italia da Tangentopoli alla seconda Repubblica (Laterza 2012)
- Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, I duelli dall’Ulivo al PD (Laterza, 2013)
- La Repubblica del selfie. Dalla meglio gioventù a Matteo Renzi (Rizzoli, 2015)
- Ha curato Missione incompiuta. Intervista su politica e democrazia di Romano Prodi (Laterza, 2015).
- Processo al nuovo (Laterza, 2017)
L’ultima sua opera: Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia
“Via Fani è stato il luogo del nostro destino. La Dallas italiana, I nostri Twin Towers. Nel 1978, l’anno di mezzo tra il ’68 e l’89. Tra il bianco e il nero e il colore. Lo spartiacque tra diverse generazioni che cresceranno tra il prima e il dopo: il tutto della politica – gli ideali e il sangue – e il suo nulla.”
Il sequestro di Aldo Moro ha segnato la fine della Repubblica dei partiti. Marco Damilano torna su quell’istante, le nove del mattino del 16 marzo 1978, in cui il presidente della Dc fu rapito e gli uomini della sua scorta massacrati. Fu l’inizio di un dramma nazionale e di una lunga rimozione.
Un viaggio nella memoria personale e collettiva, nei luoghi, nelle correlazioni con altri protagonisti di quegli anni come Sciascia e Pasolini. Le carte personali di Moro rimaste finora inedite, le foto, i ritagli, gli scambi epistolari con politici, intellettuali, giornalisti, persone comuni.
La ricostruzione della sua strategia e della sua umanità, strappata all’immagine di prigioniero delle Brigate Rosse e restituita al ruolo politico di chi aveva capito meglio di tutti l’Italia, “il paese dalla passionalità intensa e dalle strutture fragili”, e la debolezza del potere.
Dopo l’assassinio di Moro, il 9 maggio, al termine di 55 giorni di tragedia, sono arrivate la morte di Berlinguer, la dissoluzione della Dc, Tangentopoli e la latitanza di Craxi in Tunisia. Fino all’ultima stagione, con la politica che da orizzonte di senso per milioni di italiani si è fatta narcisismo e nichilismo, cedendo alla paura e alla rabbia.
Per questo la voce di Moro parla ancora, come aveva previsto lui stesso: “Io ci sarò come un punto irriducibile di contestazione e alternativa”.